Sergio Marchionne ed Elsa Fornero. Sono questi i personaggi usciti più malconci dal confronto televisivo tra i cinque candidati alle primarie del centrosinistra. Tutti d’accordo nel condannare politica industriale e atteggiamento dell’Ad Fiat; tutti d’accordo nel ritenere insufficienti, non risolutive, le politiche sul lavoro della ministra, mentre da lacunosa a fortemente ingiusta è stata definita la riforma delle pensioni.
Un dibattito frizzante, in generale, con confronti decisi su temi chiave come la casta e le alleanze, ma senza quegli scontri duri e rissosi che qualcuno si aspettava. Tant’è che i “diritti di replica” sono stati utilizzati piuttosto in là nella serata. Insomma, chi cercava in questo confronto le prime tracce, i primi indizi, delle lacerazioni che la contesa elettorale avrebbe portato nel Pd e nella coalizione, è rimasto deluso.
Fair-play e massimo rispetto tra i candidati, tutti solleciti nel ribadire un punto fermo: l’alleanza è quella sottoscritta con la carta d’intenti. Pd, Sel e Tabacci. “Niente Casini” – per dirla con Renzi, che ha tenuto particolarmente a “togliersi un sassolino” nei confronti di Massimo D’Alema, il quale aveva paventato la “fine del centrosinistra” in caso di vittoria del sindaco di Firenze. “Sia che vinciamo sia che perdiamo, noi stiamo dentro” – ha ribadito lui.
Per quanto riguarda il rapporto con l’Udc, persino Tabacci, il più vicino al partito centrista, ha chiarito senza mezzi termini che, a differenza di Casini, lui Monti lo vuole al Quirinale piuttosto che ancora a Palazzo Chigi. “Coi moderati possiamo discutere per il bene del Paese – è stata la chiosa di Bersani – ma la coalizione è questa”. Del resto, ha incalzato Laura Puppato, nemmeno Casini ha espressamente chiesto di entrare nell’alleanza. Un’iniezione di sicurezza per Nichi Vendola, che si è sempre speso per una coalizione che escludesse l’Udc: “Non ho pregiudizi su Casini, ma fatico a vederlo con me”.
Nello studio che solitamente ospita le puntate di X-Factor, il format televisivo ha contribuito ad avvicinare un po’ di più politica e cittadini, togliendo ai “concorrenti” quell’aura di alieni privilegiati per far loro vestire i panni di chi deve guadagnarsi la fiducia della gente comune. Perché, in fondo, ci sono parsi un po’ più gente comune e un po’ meno politici. Anche grazie alle domande dei reciproci sostenitori, che si sono rivolti ai candidati loro competitor col piglio di chi non avverte quella distanza che il senso comune assegna a politica e cittadinanza. Efficace, concreta, la sostenitrice della Puppato nel chiedere a Vendola chi voterebbe lui, se non fosse candidato. Emozionata al punto da aggiudicarsi la gaffe della serata, invece, la ragazza che sostiene il Governatore della Puglia e chiede conto a Renzi degli endorsement economici ricevuti da Oscar “Giannetto”. Alias Oscar Giannino, per un divertente gioco di diminutivi.
L’appello finale di un accorato Bruno Tabacci rispecchia il clima della serata: “Non chiedo il voto per me, ma lo chiedo per questa coalizione di centrosinistra, che può farsi carico di quel fardello di cui necessita il Paese”. Mentre la sobria ed equilibrata Laura Puppato si affida alla propria storia politica fatta di “coraggio e concretezza”, che intende usare per far conoscere “un’altra idea di mondo”. Un americanissimo Matteo Renzi loda il clima competitivo ma privo di astio portato dalle primarie, prima di concentrarsi sul futuro: “Penso sia di sinistra – dice – pensare che il futuro può essere vissuto come una sfida, come un piacere, con coraggio, con entusiasmo; e la politica è una cosa bella cui dedicare del tempo”. Poi è la volta di Nichi Vendola, commosso nel ricordare il regresso sociale cui è stato ridotto il Paese negli ultimi decenni ed emozionato nel richiedere un’Italia migliore, “una sinistra che restituisca civiltà, che dia un futuro ai giovani”. Chiude Bersani, determinato nel ribadire come dalla rabbia non si ottenga nulla e chiaro nell’assicurare un governo forte, teso al cambiamento; “Non vi chiedo di piacervi, ma di credermi, e vi dico che insieme ne usciremo”.
Pisapia, in ultimo, viene chiamato a fare gli onori di casa, nella città che ospita gli studi SKY, e invita i candidati a tornare sotto la Madonnina dopo le primarie. Perché è proprio da lì, dall’esperienza vincente di Milano, che il centrosinistra deve “iniziare insieme la cavalcata”. Quella che lo conduca compatto a Palazzo Chigi.
(Articolo pubblicato su TGParlamento e TGregione)
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