La dittatura eterna

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Quando ho visto i pianti di massa del popolo nordcoreano alla notizia della morte di Kim Jong-il, mi è subito tornata alla mente una discussione fatta con un amico circa un anno fa. Ipotizzando uno dei nostri viaggi “all-risk inclusive” finimmo a parlare della Corea del Nord, ultimo regime stalinista rimasto al mondo e unico Paese della Terra presieduto da un morto. Kim Il-sung, infatti, padre del regime voluto dai sovietici dopo la Seconda Guerra Mondiale, alla sua scomparsa venne nominato Presidente eterno.  Il giorno in cui morì – l’8 luglio 1994 – il mondo scoprì la tragicomica manifestazione del pianto collettivo nordcoreano.

E’ un retaggio culturale impiantato nella popolazione da generazioni di culto della personalità, infusa nei confronti del “Grande Leader” e perpetuatasi automaticamente anche per Kim Jong-il, suo primogenito e successore*. Fenomeno ai limiti dell’esibizionismo, il pianto di massa non è spinto da un obbligo nei confronti del regime, ma pare sia piuttosto mirato ad ingraziarsi la divinità rappresentata dal Leader, Grande o Caro che sia. Per i nordcoreani religione e obbedienza politica coincidono.

Quella sera, nelle nostre discussioni, venne fuori un altro particolare sulla questione, che può forse aiutare a definirne meglio la portata. E’ il racconto che il primo, e finora l’unico, giornalista italiano ufficialmente autorizzato ad entrare in Corea del Nord fece, nel 2005, sulla sua esperienza al mausoleo di Kim Il-sung, dove adesso riposa anche Kim Jong-il.

Particolari condotte gettano addosso aria, come fosse vento che deve rimuoverti la polvere di dosso; per entrare completamente lindi nella sala del Grande Leader, meccanismi automatici ti puliscono anche le scarpe. Accanto alla salma imbalsamata del dittatore, 24 ore su 24, sostano a turno donne che lo piangono. Per loro, quando all’indomani del funerale finiscono i riti collettivi, il piagnisteo continua più sommesso e privato, giorno e notte. Il Presidente eterno verrà eternamente pianto dalle donne nel suo mausoleo. Sicuramente lo stesso avverrà anche per il figlio.

Il giornalista di cui parlavamo, reporter di valore internazionale, si chiama Giovanni Porzio. La sua testimonianza dalla Corea del Nord è preziosissima se si vuole comprendere meglio ciò che ci lascia a bocca aperta. Non c’è la parte sul mausoleo, introvabile nel web, ma la si può leggere pressochè integralmente qui.

*Il quale però non ha ereditato la carica di Presidente.

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