Instantbul [1. Babele]

Istanbul è mille città. Una Babele di razze, colori, architetture, religioni. Una città europea costellata di minareti e una moderna kashba mediorientale. E’ la rambla di Barcellona e i quartieri impennati di San Francisco; le casette basse, appiccicate della borghesia londinese e la periferia ammassata di Parigi. Istanbul è un melange sconfinato di culture.

La nostra guida Sufi non sembra neanche un turco, ma un allegro vikingo sessantottino. Da Aya Sofia,  che per 1.600 anni ha visto uomini pregare, ci conduce alla scoperta della città vecchia, facendoci il più possibile evitare il turismo. Che fotoreportage sarebbe, altrimenti. Dieci ore che non ci stancano, perchè Istanbul è tutto, tranne che monotona. Cem, così si chiama il vikingo turco, la conosce palmo a palmo.

L’ospitalità, la socialità e l’allegria dei suoi concittadini ci entusiasmano subito. Nessuno, che siano giovani studenti coranici o apparentemente burberi anziani, rifiuta primi piani anche invadenti. Anzi, si prestano divertiti e vanesi, come si sentissero tutti dei monumenti viventi. Nelle viuzze più appartate, si affacciano alle finestre quando ci vedono passare armati dei nostri obiettivi. C’intrattengono a parlare come fossimo vicini di casa e vogliono ricevere le foto che abbiamo scattato loro; ce lo raccomandano decisi.

In poco tempo perdiamo il conto dei bicchieri di thè ricevuti in dono: basta uno sguardo interessato a un drappello di uomini seduti per strada e ci troviamo in mano l’ennesimo infuso. In questo modo si assicurano l’attenzione dei nostri otturatori. Due di noi provano anche l’esperienza di preparare la “pita” turca in un forno di un quartiere poco agiato.

Il bazar è infinito, tra e sulle sue bancarelle se ne vedono di ogni colore, sia uomini che oggetti, alimenti, spezie. E’ l’unico posto in cui Cem ci dice di fare attenzione ai nostri strumenti. Ma mai avvertiamo il minimo pericolo o problema. Pranziamo in un alimentari dove per farci sedere cacciano due turchi con la bocca ancora piena. Serviti e riveriti, spazzoliamo due o tre pietanze a testa per un totale di quindici Lire turche cadauno, circa 6.50 Euro.

Poi riprendiamo il nostro lavoro, sempre in compagnia di centinaia e centinaia di persone, tra quartieri residenziali, rudi, ma vivaci e zone più sfarzose, con vetrine di valore e palazzi di pregio. L’area universitaria ci regala una protesta studentesca con tanto di poliziotti in assetto antisommossa. Ma tutto resta tranquillo e si conclude tra slogan, applausi e sorrisi.

Salutiamo Cem dopo un caffè in un locale con terrazza panoramica nei pressi della stazione centrale e ci diamo appuntamento a oggi: passeremo dall’altra parte del Bosforo, visiteremo quartieri ancora più europei, compresa una frazione abitata da generazioni di genovesi; poi il quartiere curdo e rom: “entriamo, ma se vedo che le cose prendono una brutta piega ce ne andiamo immediatamente e di corsa” – ci avverte Cem.

Abbiamo l’eccitazione sufficiente per tornare una mezzora in ostello e ripartire per un giro autonomo, che concludiamo a rilassarci in riva all’ingresso del Bosforo. Un andirivieni di delfini piazza la classica ciliegina sul nostro melange di emozioni.

n.b. Le foto verranno in seguito selezionate e inviate alla post-produzione in vista di esposizioni e pubblicazioni.

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