Instantbul [2. Mo(n)di lontanissimi]

La seconda giornata a Babele è meno entusiasmante della prima, anche perchè Cem nella notte ci ha ripensato: la responsabilità di portarci nel quartiere curdo, giustamente, non se la prende.

Oltrepassiamo il Bosforo attraversando un ponte adornato di canne da pesca e riempito di ristoranti nella sua parte inferiore. Una volta di là siamo nel Corno d’Oro. Ci addentriamo nel quartiere Galata, colonizzato 700 anni fa dai genovesi. “Si considerano ancora italiani – ci dice Cem – parlano pure la vostra lingua“. Le stradine strette di ciotolato, coi colorati negozietti a contornarli, ricordano Granada.

Dalla cima della Torre Galata mi rendo meglio conto di cosa significhino “megalopoli” e “terzo centro municipale più poploso del mondo”. Istanbul è ovunque. Con sobborghi e turisti arriva fino a 20 milioni di persone che ne calpestano la storia; in questo, nella quantità di storia, è equiparabile a Roma, di cui raccolse l’eredità e la mantenne per mille anni, esattamente quanto durò la potenza della nostra capitale.

Proseguiamo poi nel quartiere internazionale; qui turisti, turchi e stranieri di ogni origine si mescolano com’è difficile vedere altrove. Poi iniziano i vari Gucci, Sephora, Zara e via discorrendo: nelle vie dello shopping, Istanbul diventa anche un non luogo, oltre a una Babele. Se non sapessi di essere dove sei, potresti tranquillamente crederti in una qualsiasi grande città europea. La quantità di giovani, oltre alla loro varietà, è assolutamente impressionante. Quelle che colpiscono di più sono le ragazze arabe dei ceti elevati: elegantissime anche nel velo.

Basta prendere una traversa a caso per abbandonare lo sfarzo e passare a una spartana quotidianità. Esci da una galleria con ristoranti di lusso e ti trovi in un caratteristico bazar mediorientale. In pochi centimetri, la vita presenta modi lontani di esser vissuta.

Decidiamo di pranzare in un self-service utilizzato dai lavoratori turchi per la loro pausa. Fa un pò effetto, dopo tutta quella rassegna di menù turistici, ma è la differenza che corre tra il viverla e il visitarla una città. Abbandoniamo definitivamente i non luoghi e i luoghi comuni per tornare nella Istanbul dei suoi cittadini. Quelli che si fanno fotografare come monumenti viventi e quelli che ti fanno solo un cenno timido o divertito, ma non abbandonano la loro attività: come sapessero che è la loro quotidianità quello che cerchiamo.

n.b. Le foto verranno in seguito selezionate e inviate alla post-produzione in vista di esposizioni e pubblicazioni.

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