Ai cubani basteranno visto e passaporto. Forse.

Il Campidoglio de L’Avana

Raul Castro ha mantenuto la promessa: dal 14 gennaio prossimo, tutti i cubani potranno viaggiare oltre i confini dell’isola. Saranno loro sufficienti un passaporto e il visto, laddove richiesti dal Paese di destinazione. Questo provvedimento segue di un anno esatto quelli sulla possibilità di vendere e acquistare auto e immobili, con la differenza che appare molto più praticabile.

La liberalizzazione del mercato automobilistico era infatti piena di restrizioni, col parco macchine comunque controllato dal Governo e la transazione concessa solo a privati e residenti stranieri; oppure ai cubani, di fatto pochissimi, con un reddito in valuta estera o pesos convertibili (la moneta introdotta nel 2004 per il turismo e allineata col dollaro). L’apertura del mercato immobiliare è invece burocraticamente più effettiva, ma economicamente poco sostenibile per i cubani, che nella stragrande maggioranza dei casi si limitano a permute. E qui il parallelo col provvedimento annunciato oggi: bene la facilitazione delle pratiche, ma quanto costerà al cubano?

Questione non di poco conto, dal momento che gli stipendi sull’isola si aggirano mediamente tra gli otto e i venticinque pesos convertibili (Cuc), cioè tra circa gli otto e i venticinque dollari, dunque tra circa sei e venti euro. Se prima, tra fogli e permessi, si spendevano 150 Cuc, adesso i passaporti dovranno essere allineati agli stipendi; altrimenti anche questo si rivelerà un provvedimento più di facciata che di sostanza.

Consideriamo infatti il perché ai cubani non era permesso uscire dall’isola. Come in ogni buon regime che si rispetti, consentire ai cittadini di conoscere come si svolge la vita nei Paesi liberi è molto pericoloso. Ed è per questo motivo che, in teoria, nessun cubano che non lavori nel turismo può parlare con uno straniero. Pena per gli uomini qualche ora di galera, mentre per le donne, sottintese prostitute, cinque anni di carcere. Il discorso include anche il web, che non può entrare nelle abitazioni “private”; negli internet point e nei luoghi pubblici “internet free” viaggia a 56k (come da noi a fine Anni Novanta) e costa 8 Cuc l’ora: un’enormità anche per quei pochi fortunati che ne guadagnano 25 al mese.

Ora, da un regime organizzato in modo da limitare i contatti con l’esterno, ci si può aspettare una piena liberalizzazione della mobilità per i suoi cittadini? Laddove piena significa anche economicamente sostenibile? O questo forse sarebbe più credibile se rientrasse nel grembo di una più ampia riforma strutturale, capace di abbattere le limitazioni relazionali imposte ai cubani?

Anche perché nell’annuncio emanato oggi dal Governo castrista c’è un paragrafo che tra le righe odora forte di restrizione. Si dice, infatti, che per evitare le ingerenze degli Usa e dei suoi alleati, resteranno in vigore le misure atte a preservare il capitale umano creato dalla Rivoluzione, ovvero a evitare che i talenti professionali dell’isola vengano “rubati” dagli stranieri.

Cuba eccelle nei settori della medicina e dell’istruzione, tanto che numerosi studenti provenienti dall’America Latina, dall’Europa e dagli stessi Stati Uniti trascorrono dei periodi di formazione nelle università cubane, specie in quella di Santa Clara, cittadina nel pieno centro dell’isola. Il processo contrario è naturalmente vietato, ma soprattutto l’uscita di professionisti dai confini nazionali si scontra ancor più duramente della norma coi difficili permessi in vigore oggi (fatta eccezione per il Venezuela, che fornisce petrolio a Cuba in cambio di medici).

“Chiunque abbia una competenza specifica – mi diceva la scorsa estate una donna ingegnere – ha di fatto preclusa la possibilità di lasciare il Paese”. Stando a quel paragrafo sulla Granma, pare proprio che questo non cambierà. Bisognerà poi vedere cosa le autorità cubane vorranno intendere col termine generico “talentos”. Perché le parole sono importanti, ma la loro interpretazione, specie nei regimi, veste spesso e volentieri le caratteristiche dell’arbitrarietà.

(Articolo pubblicato su TGregione.it)

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3 risposte a Ai cubani basteranno visto e passaporto. Forse.

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