Casini alle primarie!

“Io penso che in momenti di emergenza, progressisti e moderati debbano stare assieme”. Pierferdinando Casini, ospite l’8 ottobre scorso della trasmissione “Otto e Mezzo” di Lilli Gruber, ha ribadito così, ancora una volta, la sua convinzione circa un’alleanza con il Partito Democratico alle elezioni politiche della prossima primavera.

Fossi in lui, a questo punto anche io avanzerei la mia candidatura alle primarie del Pd. Perché l’Assemblea Nazionale del 6 ottobre le ha ratificate come “primarie  di coalizione”, nonostante una coalizione ancora non ci sia; come se il centrosinistra fosse scontatamente una realtà solida e strutturata. Mentre, al contrario, sulle eventuali alleanze regna una confusione totale, conseguenza anche della nebbia sulla legge elettorale con cui si voterà nel 2013. Allora tanto vale buttarsi e provare a dare ex ante una propria direzione agli eventi, come ha fatto Vendola.

Il Governatore della Puglia ha giocato d’anticipo, per provare a impostare una futura coalizione su premesse contrarie a quelle che hanno guidato l’azione parlamentare del Partito Democratico a sostegno del governo Monti. E a tale scopo utilizza il campo delle primarie, generosamente messo a disposizione da Bersani.

Perché non dovrebbe farlo anche Casini, per tener fede alla sua convinzione e improntare l’alleanza su basi e prospettive programmatiche più affini a quelle che lo vedono oggi concretamente alleato col Pd? Farebbe da contrappeso centrista, il quarto incomodo di una sfida in cui il terzo potrebbe poi avanzare pretese dai contenuti poco conciliabili con progressisti e moderati. Se “primarie di coalizione preventiva” devono essere, allora lasciare il campo a Vendola e attendere l’esito della contesa potrebbe poi risultare troppo tardi.

Fulcro di tutto ciò è il Partito Democratico, che potrebbe aver perso l’occasione per fare innanzitutto chiarezza al proprio interno, perché, ma non è una novità, non ha una linea comune sul delicatissimo futuro prossimo del Paese. Come gestire il dopo-Monti? Monti-bis, nelle varie sfaccettature possibili, o non Monti-bis? Che tipo di continuità dare a quanto finora realizzato dal governo tecnico, se una continuità la si vuole dare?

Primarie tutte interne al Pd, in un momento di potenziale svolta per la politica italiana, potevano essere lo strumento principe per restituire al partito un’identità propria, magari grazie a quell’auspicata capacità di remare tutti nella direzione stabilita col voto nei gazebo. Dopodiché, le eventuali alleanze con chi quella linea sarebbe stato disposto a condividerla.

Gli elettori, di sinistra e di destra, ma soprattutto gli indecisi e i rassegnati, hanno bisogno di percepire in maniera chiara che esiste una forza politica in grado di prendere in mano le redini del Paese con determinazione e piena consapevolezza su come guidarlo. Monti ha quantomeno fornito questa sicurezza, questo sollievo, agli italiani dopo anni di non-governo. Il Pd, ora che si trova a essere il primo partito, deve avere la capacità di assorbire su di sé la fiducia che i cittadini hanno avuto nel Presidente del Consiglio. E dare così seguito effettivo al gesto di responsabilità messo in campo alla caduta di Berlusconi.

Responsabilità e sicurezza che il Partito Democratico non deve soltanto all’Italia: mantenere la credibilità del Paese a livello internazionale è un elemento che abbiamo scoperto essere quanto mai necessario nel concreto e per il quale non serve una faccia austera o un comportamento sobrio, bensì programmi chiari e azioni reali. Fuori e dentro i nostri confini, molti vedono e temono un vuoto che si aprirà alla scadenza del mandato di Mario Monti. Il Pd ha l’occasione unica per restituire dignità alla politica italiana, dimostrando fin d’ora di possedere la solidità e l’autorevolezza necessari a impedire il dischiudersi di quel vuoto.

(Articolo pubblicato su qdR magazine)

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