Chi ce l’ha più duro?

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Bossi o Maroni?

Il campo di battaglia è sempre stato Berlusconi, sia quando siedevano accanto al Cavaliere sui banchi del Governo sia adesso, divisi dall’opposizione a Monti. E in nome di un’alleanza futura si è consumato un’altro strappo, con Maroni ligio alle posizioni originarie della Lega e il Senatùr addolcito dalle pressioni di Arcore su Cosentino. Ben inteso, l’ideologia leghista a cui si è attenuto “Bobo” non è certo il senso istituzionale di rispetto per l’indipendenza della magistratura, quanto più l’incoerenza tra l’invocazione dell’autonomia padana e il salvataggio di un parlamentare meridionale accusato d’appoggio alla Camorra.

Dopo il cambio di maggioranza, l’ex Ministro dell’Interno aveva iniziato una tournée di incontri al Nord, quasi fosse in campagna elettorale per le primarie della Lega. A Pontida la base “padana” era stata chiara: “Roberto Maroni Presidente del Consiglio” – recitava un grande striscione esposto di fronte al palco. Lì, forse, è iniziato il duello vero. Mai come allora Bossi ha percepito un’insidia seria alla sua leadership, mai come allora Maroni ha sentito così raggiungibile la successione al trono. Tant’è che i fedelissimi del fondatore avevano attribuito quello striscione a una semplice e ristretta claque. La scena si è ripetuta qualche settimana fa, quando alla “Berghem Frecc” di Albino (Bg) la Lega ha annunciato la manifestazione di domenica prossima a Milano. I due si sono punzecchiati sul palco, tra il serio e il faceto, il pubblico ha intonato cori per Maroni.

Il Senatùr, da buon inventore del “celodurismo”, ieri sera ha preso in mano la situazione, preannunciando di fatto l’espulsione dell’avversario dal partito. Così la Lega una secessione finalmente la otterrà, ma sarà lei a dividersi in due. La stessa operazione l’aveva condotta Silvio Berlusconi contro Fini, condannandosi al viale del tramonto. Con lui Bossi si è legato a doppio filo e per questo motivo potrebbe seguirlo molto presto.

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